Il collega cinico risponderebbe: “Addirittura! La felicità è determinata da tanti fattori, ma spesso è casuale e volatile”.
Vero, in parte. Ci sono delle chiavi d’arresto che se sbloccate possono rendere più continuo e stabile il nostro benessere.
Un’amica, curiosa, a questo punto ne vorrebbe sapere di più: “Cioè?”.
Cose che possiamo fare per essere più sereni, in un gruppo o a lavoro, in armonia, più felici.
Prendiamo un drone e portiamolo qualche metro sopra la nostra vita, in modo da guadagnare uno sguardo più ampio su una giornata tipo.
C’è una sequenza semplice che si ripete: casa, pre-lavoro, lavoro, post-lavoro, di nuovo casa.
Ogni giorno attraversiamo questi ambienti sociali e interagiamo con essi attraverso COMPORTAMENTI e RELAZIONI, con i quali versiamo tanto o poco di noi stessi nel mondo esterno.
In questo modo, contribuiamo a dare forma a quegli ambienti e al capitale sociale complessivo.
Fin qui, tutto chiaro?
Un nerd confermerebbe: “Elementare”.
Mentre tutto questo accade, spesso senza che ce ne accorgiamo, noi stessi raccogliamo ispirazioni e influenze dall’esterno e veniamo modellati dagli altri: ci irrigidiamo e ci ammorbidiamo, affiliamo e smussiamo, assorbendo ogni singolo giorno, senza sosta.
Questo gigantesco e continuo traffico di influenze incrociate trova vita nelle relazioni interpersonali. Il modo in cui ciascuno di noi anima le sue relazioni sono i comportamenti.
Possiamo dire che il comportamento sia il come e la relazione il cosa.
Una manager, concreta e con l’orologio in mano, ci porterebbe subito al punto: “E quindi?”.
Quindi le relazioni assumono un ruolo determinante nel nostro BENESSERE quotidiano e, per certi versi, nella nostra identità. Diventa necessario capire se il livello delle nostre relazioni abbia la qualità giusta per farci stare bene, se il modo in cui ci muoviamo nelle relazioni sia quello più sano. La qualità delle relazioni si chiama FIDUCIA.
Potenziare la nostra competenza relazionale significa aumentare la nostra capacità di generare fiducia.
Una domanda giusta adesso sarebbe: “Ma da cosa si vede la fiducia e come si crea?”.
La presenza delle fiducia è inconfondibile.
La sentiamo quando le barriere difensive calano e il rischio di sentirci giudicati è avvertito come basso, o nullo. Si avverte fiducia in mezzo ai nostri amici, tra le mura di casa, anziché in una stanza in mezzo a degli sconosciuti, dove comportamenti, azioni e parole vengono gestiti con grande prudenza, perché non sappiamo come potrebbero essere letti dall’altra parte.
La fiducia la troviamo in una comunicazione comoda, quando poche parole sono sufficienti a trasmettere tutti i significati che vogliamo intendere, e il rischio che quello che diciamo possa essere distorto o manipolato è basso.
La creatività è un altro sintomo chiaro della fiducia. Proporre idee, esporci, è molto più comodo in un contesto dove sappiamo che ad essere messa in discussione sarà l’idea e non la persona che l’ha proposta.
Velocità, brevità della comunicazione e libertà espressiva sono alcuni dei pilastri portanti di quella SICUREZZA PSICOLOGICA che è la casa della fiducia.
La parte migliore di noi si sviluppa in questo spazio, le nostre migliori esperienze umane hanno vita qui.
Il progetto Be Hippo nasce su queste fondamenta, per creare una NUOVA CULTURA che stimoli le persone ad evolvere attraverso la risorsa più preziosa che abbiamo a disposizione: GLI ALTRI.
“Che cos’è Be Hippo?”, vi chiederete tutti a questo punto.
Be Hippo è una APP che aiuta a migliorare la capacità relazionale e a generare fiducia in tutti i contesti sociali e professionali. Può essere usata dai singoli, nei gruppi e nelle organizzazioni.
Tutti abbiamo presente se il clima a casa o in ufficio sia ossigenato dalla fiducia, o intossicato dal suo opposto. Adesso possiamo intervenire in modo mirato su questo aspetto cruciale per il nostro benessere, la nostra felicità.
Oggi le aziende utilizzano Be Hippo per le loro persone, che costruiscono autonomamente reti relazionali nelle quali si scambiano STIMOLI DI MIGLIORAMENTO su comportamenti specifici.
Questa crescita collaborativa supera il concetto tradizionale di feedback in due step: 1) non ha finalità valutative, non è legata alla performance: è uno strumento di CRESCITA PERSONALE; 2) non ha carattere occasionale, ma continuativo: in ogni momento, e non una volta ogni 6/12 mesi, la persona sa bene quali siano le aree di miglioramento su cui lavorare.
L’osservatore scrupoloso ci interrogherebbe: “Su quali principi si basa Be Hippo?”.
Su principi legati alle neuroscienze, all’economia comportamentale e all’antropologia.
Ci siamo ispirati agli studi di Richard H. Thaler (teoria del nudge), di Stephen M.R. Covey (la fiducia), di Paul Zak (cultura organizzativa), di Amy Edmondson (sicurezza psicologica), di Marissa King (il networking), di Patrick Lencioni (le dinamiche disfunzionali nei team) e di molti altri, rivisitandoli con l’obiettivo finale di alzare il livello di benessere della vita delle persone.
Per le organizzazioni abbiamo previsto un percorso di accompagnamento nell’utilizzo di Be Hippo, costruito attraverso micro-task formativi (il Caring Module). Questa parte del progetto è curata da un team di docenti di sociologia ed è frutto di una convenzione stipulata con l’Università Cattolica di Milano.
Non proponiamo di fare cose nuove, proponiamo di farle in modo diverso.
La manager di prima potrebbe essersi incuriosita: “Uhm. Come funziona la app Be Hippo?”.
Oggi volevamo parlarvi delle basi, ma la prossima volta parleremo proprio del funzionamento della app Be Hippo.
E siamo certi che vi piacerà.